Hai litigato con tuo figlio e non vuoi lasciargli nulla in eredità? Ti ha gravemente mancato di rispetto e pensi che non meriti i tuoi soldi? Sei arrabbiato e deluso dal suo comportamento e vorresti diseredarlo, escludendolo completamente dalla successione?
Purtroppo devo darti una brutta notizia: in Italia diseredare un figlio è praticamente impossibile.
I figli sono gli eredi più tutelati dalla legge. In quanto “legittimari”, hanno diritto a una quota intoccabile del patrimonio, che si chiama “legittima“. Questa spetta loro in ogni caso, anche contro la volontà del genitore.
L’ordinamento considera il legame tra genitori e figli talmente sacro che neanche il testamento può reciderlo. Liti, incomprensioni, mancanze, ingratitudine filiale non sono motivi validi per diseredare la prole.
Quindi non puoi estromettere tuo figlio dall’asse ereditario solo perché hai deciso di farlo. Non importa quanto sia stato cattivo con te. Non importa se non lo vedi e non lo senti da anni. Non importa se ha sperperato tutti i tuoi risparmi. Per la legge italiana, tuo figlio ha comunque diritto a una fetta della torta.
Il testatore non può escludere dalla successione un erede legittimo se non per le cause di indegnità tassativamente previste dalla legge.
Ma si tratta di casi limite, in cui il figlio si è macchiato di reati gravissimi come tentato omicidio, violenza o raggiri per estorcere il testamento. Situazioni estreme che richiedono pure l’intervento di un giudice.
Insomma, salvo rarissime eccezioni, tuo figlio 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘶ò essere diseredato. Puoi 𝘭𝘪𝘮𝘪𝘵𝘢𝘳𝘯𝘦 l’eredità, ma 𝘯𝘰𝘯 𝘢𝘻𝘻𝘦𝘳𝘢𝘳𝘭𝘢.
Analizziamo allora cosa dice esattamente la legge in materia di successione necessaria e quali margini di manovra ti lascia per gestire il passaggio generazionale come vorresti tu.
Diseredare un figlio: è possibile?
Diseredare significa privare qualcuno del diritto di eredità che gli spetterebbe per legge.
Diseredare un figlio vuol dire escluderlo completamente dalla successione, in modo che non riceva nulla dell’eredità del genitore.
Questo però in Italia non è possibile proprio in virtù della successione necessaria: la legge tutela i diritti dei figli a ereditare dai genitori. Questo significa che, in linea di principio, non è possibile diseredare completamente un figlio.
Le norme a tutela dei legittimari sono infatti inderogabili: non ammettono eccezioni dettate dalla volontà individuale. Neppure il testamento può andare contro questi principi.
Tuttavia, ci sono due modi in cui un figlio potrebbe non ricevere l’intera eredità che gli spetterebbe.
Si può escludere un figlio dal testamento
Un genitore può inserire nel testamento una clausola di “diseredazione”, con la quale dichiara di voler escludere un figlio dall’eredità. Tuttavia, questa clausola ha dei limiti:
- Non può ledere la “legittima”: la legge riserva ai figli (e al coniuge) una quota dell’eredità che non può essere eliminata, nemmeno con il testamento.
- Deve essere accompagnata da disposizioni positive: Il testamento deve indicare anche a chi vanno gli altri beni del genitore.
In pratica, la clausola di diseredazione può servire a escludere il figlio dalla parte di eredità che il genitore può decidere liberamente a chi lasciare. Ma non può impedire al figlio di ricevere la sua quota di legittima.
La giurisprudenza ha ribadito che la clausola di diseredazione è valida solo se rispetta questi limiti e se non è utilizzata per aggirare le cause di indegnità previste dalla legge.
Per indegnità a succedere
Il Codice Civile prevede alcuni casi in cui un figlio può essere escluso dall’eredità. Questa situazione, chiamata “indegnità a succedere“, si verifica quando:
- Il figlio ha commesso un reato grave contro la vita, l’onore o la libertà del genitore, del suo coniuge, di un discendente o ascendente. Ad esempio: tentato omicidio, violenza, sequestro di persona, calunnia, stalking…
- Il figlio ha denunciato il genitore (o coniuge/discendente/ascendente di questi) per un reato punibile con ergastolo o reclusione superiore a 3 anni, ma la denuncia è stata dichiarata calunniosa in via definitiva. Stessa cosa se ha testimoniato il falso contro queste persone per gli stessi reati.
- Il figlio ha usato violenza o dolo per impedire al genitore di fare testamento o per costringerlo a farlo/revocarlo/modificarlo.
- Il figlio ha soppresso, celato o alterato il testamento del genitore.
- Il figlio ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.
L’indegnità a succedere non è automatica. Per escludere un figlio dall’eredità, è necessario che un altro erede, o un’altra persona interessata, faccia causa e che il Tribunale emetta una sentenza che dichiari l’indegnità del figlio.
Quando si può diseredare un figlio? Indegnità a succedere
Abbiamo visto che, di regola, diseredare il figlio in Italia non si può. Ma esistono delle eccezioni. Sono ipotesi limite, casi estremi in cui il comportamento del figlio è talmente grave da fargli renderlo una persona immeritevole di succedere.
Si tratta di condotte di particolare gravità che vanno oltre il mero litigio o dissapore familiare. Per far scattare l’indegnità non bastano screzi, incomprensioni o comportamenti “deludenti” del figlio. Servono gli estremi di precisi reati.
Giurisprudenza rilevante
La giurisprudenza ha contribuito a delineare l’ambito di applicazione dell’articolo 463 del Codice Civile che definisce i 5 casi d’indegnità a succedere. In particolare, la sentenza della Cassazione Civile n. 19547/2008 ha stabilito che l’indegnità a succedere non si limita ai casi di omicidio o tentato omicidio, ma si estende a tutti i casi in cui il comportamento del successibile viola i doveri di rispetto e di assistenza familiare.
Inoltre, la sentenza della Cassazione Civile n. 28887/2012 ha chiarito che anche la violenza psicologica può costituire causa di indegnità, se provoca un grave pregiudizio alla salute del de cuius.
L’azione di indegnità a succedere
L’indegnità a succedere non si verifica automaticamente in ogni caso: deve essere accertata in giudizio. Per dichiarare una persona indegna di succedere è necessario che il tribunale prenda una decisione formale in seguito a una causa avviata da un altro soggetto che vanta diritti sull’eredità.
Chi può agire per l’indegnità?
L’azione di indegnità può essere promossa da chiunque abbia un interesse patrimoniale all’esclusione dell’indegno dalla successione. Tra questi soggetti rientrano:
- Gli eredi legittimi e testamentari
- I legatari
- I creditori dell’eredità
- I chiamati ulteriori, ovvero coloro che erediterebbero se l’erede indegno fosse escluso
- I discendenti dell’indegno che succedono per rappresentazione.
Non sono invece legittimati ad agire coloro che hanno un interesse meramente morale o affettivo all’esclusione dell’indegno.
Svolgimento ed effetti della causa d’indegnità
L’interessato dovrà provare in giudizio la sussistenza della causa di indegnità. L’onere di dimostrare i fatti su cui si fonda la domanda di diseredazione grava su chi la propone. Sarà quindi necessario fornire prove, documenti e testimonianze idonei a convincere il giudice della gravità della condotta del figlio.
Una volta raggiunta la prova, il tribunale può pronunciare la sentenza che dichiara l’indegnità e priva il figlio del diritto di partecipare all’eredità. Tale sentenza ha effetto costitutivo e retroattivo: il figlio perde lo status di erede legittimario dal momento dell’apertura della successione.
Ciò significa che, se nel frattempo ha ricevuto beni o denaro dall’asse ereditario, dovrà restituirli insieme ai frutti. La sentenza di indegnità, infatti, opera come se il figlio non fosse mai stato erede.
Termini di prescrizione dell’azione di indegnità
L’azione di indegnità, in linea di principio, non può essere proposta prima della morte del de cuius. Questo perché l’indegnità a succedere è una sanzione che si applica a chi, al momento dell’apertura della successione, si trova in una delle condizioni previste dall’articolo 463 del Codice Civile.
L’azione si prescrive in 10 anni dal giorno dell’apertura della successione oppure dalla notizia della causa di indegnità, se questa è successiva all’apertura della successione.
È importante precisare che, sebbene non esista un termine di decadenza specifico per l’azione di indegnità, il termine di prescrizione di 10 anni per l’accettazione dell’eredità, funge indirettamente da limite temporale per l’azione di indegnità. Infatti, se un erede non accetta l’eredità entro 10 anni, perde il diritto di farlo, e di conseguenza non può essere successivamente dichiarato indegno.
Decorso questo termine, il figlio non potrà più essere dichiarato indegno, neanche se ricorrono i presupposti. Il suo diritto di eredità si consolida definitivamente e la diseredazione diventa impossibile. Quindi chi intende agire deve stare attento a non far passare troppo tempo.
Sospensione dei diritti di successione
Introdotto dalla legge n. 4 dell’11 gennaio 2018, l’articolo 463-bis del Codice Civile prevede la sospensione dei diritti di successione per coloro che sono indagati per omicidio volontario o tentato omicidio del coniuge, di un genitore o di un fratello/sorella. Questa norma si applica anche ai casi di unione civile e alle ipotesi di patteggiamento della pena.
Durante la fase di sospensione, l’indagato non può accettare l’eredità né compiere atti di gestione del patrimonio ereditario. Viene nominato un curatore per amministrare l’eredità fino a quando non interviene una sentenza definitiva di proscioglimento o di condanna. In caso di condanna, l’indagato sarà definitivamente escluso dalla successione per indegnità.
Cosa succede alla quota di eredità dell’indegno?
Quando un figlio viene dichiarato indegno a succedere con sentenza del tribunale, perde il diritto a ricevere la sua quota di eredità. Ma dove va a finire questa porzione del patrimonio? La risposta dipende da una variabile fondamentale: la presenza o meno di discendenti dell’indegno.
Se l’indegno non ha figli: la quota si accresce agli altri eredi
La regola generale è che la quota dell’indegno viene redistribuita agli altri eredi, in proporzione alle loro quote. Quindi, se il figlio indegno concorreva con altri figli o con il coniuge del defunto, la sua parte si accresce proporzionalmente a quella degli altri successori.
Facciamo un esempio. Supponiamo che il defunto Tizio lasci tre figli, Anna, Bruno e Carlo, e un patrimonio di 900.000 euro. In condizioni normali, senza testamento, ad ogni figlio spetterebbe una quota di 300.000 euro.
Se Bruno viene dichiarato indegno, “esce” dalla successione. I 300.000 euro che sarebbero spettati a lui andranno divisi a metà tra Anna e Carlo, che vedranno così lievitare la loro quota a 450.000 euro ciascuno.
In sostanza, in assenza di discendenti dell’escluso, opera un diritto di accrescimento in favore degli altri successibili, che si ripartiscono la quota vacante secondo le proporzioni delle loro quote.
Se l’indegno ha figli: la quota va a loro per rappresentazione
Nel caso in cui il figlio indegno abbia a sua volta dei figli, il legislatore ha voluto tutelare il diritto dei discendenti innocenti a non essere pregiudicati dalla condotta riprovevole del loro genitore.
Quindi, saranno i figli dell’indegno a ereditare al suo posto, per rappresentazione. Inoltre l’articolo 465 del Codice Civile stabilisce che il genitore dichiarato indegno a succedere perde anche il diritto di usufrutto e di amministrazione sui beni ereditati dai propri figli. Questa norma impedisce al genitore indegno di beneficiare indirettamente dell’eredità attraverso i figli.
Riprendendo l’esempio di prima, se il figlio dichiarato indegno avesse due figli, sarebbero questi a subentrare nella quota di 300.000 euro del padre, dividendola in parti uguali (150.000 euro a testa). Gli altri due zii riceverebbero comunque solo la loro quota di 300.000 euro, senza alcun accrescimento.
In sostanza:
- Se il diseredato non ha figli, la sua quota va agli altri eredi del de cuius
- Se il diseredato ha figli, la quota va a loro per rappresentazione
- In nessun caso il figlio indegno ha diritti di usufrutto o amministrazione
Queste regole riflettono un equilibrio tra l’esigenza di sanzionare la condotta del figlio indegno e quella di non punire i suoi discendenti incolpevoli. La diseredazione colpisce solo la sua posizione, ma non pregiudica i diritti successori della generazione successiva.
Naturalmente, queste variabili vanno valutate caso per caso in base alla composizione della famiglia e alla presenza o meno di altri successori. Di qui l’importanza di una consulenza legale esperta per gestire al meglio queste complesse dinamiche successorie.
Alternative alla diseredazione per limitare l’eredità di un figlio
Abbiamo visto che diseredare completamente un figlio in Italia è praticamente impossibile, salvo rarissimi casi di indegnità a succedere. Ma allora un genitore che vuole ridurre la quota di un figlio “indesiderato” non ha proprio nessuna possibilità? Non proprio. Esistono alcune strategie successorie che, pur senza arrivare alla diseredazione vera e propria, consentono di limitare l’entità dell’eredità destinata al figlio sgradito. Vediamole.
Testamento per gestire la quota disponibile
La prima e più semplice soluzione è fare testamento attribuendo al figlio in questione la sola quota di legittima, e nulla più. Come detto, la legge consente al testatore di disporre liberamente della quota disponibile. Quindi il genitore può scegliere di lasciare al figlio solo il minimo garantito per legge e destinare tutto il resto ad altri eredi o legatari.
Ad esempio, se ci sono quattro figli, la legittima sarà pari a 1/4 del patrimonio per ciascuno. Il genitore può fare un testamento in cui attribuisce a tre figli 1/4 a testa più una parte della disponibile, e all’ultimo solo la sua legittima di 1/4. In questo modo, massimizza la quota dei figli “graditi” e riduce al minimo quella del figlio sgradito, pur senza escluderlo del tutto.
Donazioni in vita
Un’altra possibilità è fare donazioni o liberalità in vita a favore degli altri figli. Infatti la quota disponibile può essere utilizzata non solo con il testamento, ma anche con atti inter vivos. Il genitore può quindi beneficiare i figli prediletti con attribuzioni patrimoniali prima della morte, così da ridurre la massa ereditaria che andrà divisa.
Attenzione però: le donazioni potenzialmente lesive della legittima potrebbero essere soggette a riduzione su iniziativa del legittimario leso. Quindi è fondamentale farsi assistere da un legale esperto per calibrare bene valori e tempistiche delle liberalità.
Più in generale, una buona pianificazione successoria può aiutare a prevenire o ridurre il rischio di conflitti con il figlio sgradito. Tra le misure strategiche consigliabili:
- Inserire nel testamento una clausola di diseredazione, anche se non elimina la legittima, può scoraggiare il figlio dal fare opposizione
- Motivare le ragioni di disposizioni “discriminatorie” per prevenire o rendere più difficili le contestazioni
- Utilizzare strumenti separati come il trust, il fondo patrimoniale o l’assicurazione sulla vita per trasferire parte dei beni fuori dall’asse ereditario
- Convertire parte del patrimonio in beni non divisibili da attribuire in via esclusiva ai figli prescelti
- Coinvolgere tutti i figli nella pianificazione per favorire condivisione e accettazione delle scelte.
Naturalmente ogni famiglia è un caso a sé e non esistono formule magiche. Di qui l’importanza di un’attenta analisi della situazione personale e patrimoniale, seguita da una strategia successoria “su misura” costruita con l’ausilio di un esperto.
Solo così si possono indirizzare le proprie sostanze nella maniera più aderente ai propri desideri, pur nei limiti di legge e riducendo al minimo il rischio di tensioni e controversie. Come in tutte le questioni di famiglia, la prevenzione è la migliore cura.