Quando si parla di eredità si tende spesso a pensare a grandi patrimoni immobiliari e ad immense quantità di denaro, meno di frequente a debiti e passività.
Come si può immaginare, purtroppo tale percezione non sempre corrisponde alla realtà.
Innanzitutto, va detto che l‘asse ereditario (il contenuto dell’eredità) può essere il più vario: case, terreni, mobili, opere d’arte, partecipazioni in società, quote di fondi comuni di investimento, buoni fruttiferi, libretti di risparmio, obbligazioni ecc. Ma anche interi complessi produttivi (aziende) e, di recente, i beni digitali (criptovalute, dati personali, NFTs). Insomma, rispetto al passato (dove oggetto dell’eredità erano prevalentemente gli immobili), oggi un patrimonio ereditario spesso è composto da beni del tutto diversi e particolari.
In secondo luogo, va subito chiarito che l’eredità comprende anche i debiti del defunto e ciò comporta la necessità di valutare sempre con attenzione la convenienza di accettazione eredità o rinuncia.
Deve poi considerarsi che all’eredità possono avere interesse diversi soggetti tra cui i congiunti ed i parenti del defunto ma anche i creditori dello stesso (banche, società finanziarie, fondi di investimento ecc.).
Tutto ciò dà l’idea di quanto possa essere complesso ritrovarsi coinvolti nella trasmissione di un’eredità. Questo articolo ha quindi lo scopo di agevolare il lettore nella comprensione dei principali aspetti della successione ereditaria.
Come funziona la successione ereditaria
Il termine “eredità” si riferisce al complesso di rapporti giuridici, attivi e passivi (debiti), cui si subentra nella titolarità a causa della morte di chi ne era precedentemente titolare. Tale “subentro” è regolato dall’insieme di norme che il codice civile detta in relazione alla successione ereditaria.
La successione per causa di morte può essere:
- Testamentaria, quando la trasmissione dell’eredità avviene in base a quanto previsto da un testamento;
- Legittima, quando, in mancanza di un testamento, l’eredità viene trasmessa esclusivamente secondo quanto previsto dalla legge (eredità senza testamento).
Va detto che esiste anche la successione necessaria. Si tratta di un complesso di norme per cui una quota di eredità, la quota legittima, spetta in ogni caso, di diritto, ai parenti più stretti, come il coniuge e i figli. Ciò vale sia che si tratti di successione testamentaria che di successione legittima.
Eredità e legato: differenze
Altra distinzione, da avere ben chiara quando si parla di successione a causa di morte, è quella tra eredità e legato (con ciò si spera di dare una risposta a tutti quelli che continuano a chiedere “legato significato”).
La differenza sta nel diverso titolo con cui opera la chiamata alla successione: mentre nel caso di legato la chiamata riguarda esclusivamente uno o più rapporti giuridici determinati (per questo si parla di successione a titolo “particolare”), la chiamata all’eredità riguarda invece la situazione patrimoniale complessiva del soggetto venuto a mancare. In questa seconda ipotesi, al “chiamato” alla successione è offerta la possibilità di subentrare in tutti i rapporti giuridici (attivi e passivi) del defunto. Possibilità che sarà esercitata con l’accettazione o la rinuncia all’eredità.
Detta distinzione, per quanto chiara in teoria, può essere molto più sfumata nella pratica. Da ciò deriva che, tutte le volte in cui la disposizione che attribuisce il diritto si presenti ambigua, è opportuno indagare nel modo più meticoloso possibile la volontà del testatore al fine di comprendere se il lascito sia una vera e propria istituzione di erede o la semplice attribuzione di determinati beni o diritti e, di conseguenza, un legato testamentario. In questo ultimo caso è altrettanto importante capire la tipologia di legato che il testatore ha previsto (legato in conto di legittima, legato in sostituzione di legittima, legato di usufrutto ecc.).
Le conseguenze pratiche sono rilevantissime in quanto:
- La successione universale fa subentrare l’erede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi che facevano capo al defunto; al contrario, la successione a titolo particolare presuppone l’attribuzione a favore del legatario di un determinato diritto (ossia nel solo lato attivo) e, pertanto, il legatario non è tenuto a rispondere dei debiti (salvo alcune ipotesi eccezionali);
- Proprio perché l’eredità comporta il subentro anche nel lato passivo (nei debiti del defunto) essa deve essere necessariamente accettata. Il legato invece non deve essere accettato perché comporta (normalmente) solo un vantaggio per il legatario. Esso si acquista automaticamente fin dal tempo dell’apertura della successione, salva comunque la possibilità di rifiuto.
Ciò detto, vediamo ora quando si apre la successione.
Apertura della successione in caso di morte
Il processo di trasmissione dell’eredità inizia nel momento in cui si ha l’apertura della successione. La successione si apre nell’esatto momento in cui la persona cessa di vivere.
La legge attribuisce importanza alla determinazione del momento e del luogo in cui si verifica l’apertura della successione, sia al fine di stabilire quale sia la normativa applicabile in caso di successioni transfrontaliere, sia per regolare l’ipotesi in cui si succedano più leggi nel tempo, sia per individuare il giudice territorialmente competente per la causa ereditaria.
Merita precisarsi che alla morte vera e propria, quella naturale per intenderci, è equiparata la morte presunta che può essere dichiarata con sentenza se sono trascorsi almeno dieci anni dal giorno in cui risale l’ultima notizia della persona scomparsa.
Vocazione ereditaria: divieto patti successori
Una volta aperta la successione, occorre capire a chi spettino il patrimonio ereditario o i singoli beni. Si parla allora di vocazione ereditaria o chiamata all’eredità, che significa indicazione di colui che può succedere al defunto.
Come detto, l’individuazione del successibile può avvenire in due modi: per legge, successione legittima, o per testamento, successione testamentaria.
E’ esclusa la successione per contratto. Anzi, la legge vieta espressamente i patti successori, ovvero quei patti per cui una persona, prima di morire, si obblighi a trasmettere l’eredità o attribuire un legato ad un’altra persona.
I patti successori sono normalmente di tre tipi:
- Istitutivi: Tizio si accorda con Caio di lasciargli la propria eredità;
- Dispositivi: Caio vende a Sempronio i beni che dovrebbero pervenirgli dall’eredità di Mevio;
- Rinunciativi: Tizio conviene con Caio di rinunciare all’eredità di Sempronio prima che si apra la successione.
Tutte e tre le tipologie di patti appena illustrati non sono ammesse dalla legge. Una loro previsione sarà inevitabilmente affetta da nullità.
Giacenza dell’eredità: come funziona
Con la morte della persona della cui eredità si tratta colui che è chiamato all’eredità non acquista la qualità di erede né la titolarità dei beni e diritti contenuti nell’eredità. Perché ciò si verifichi occorre una dichiarazione di volontà: l’accettazione dell’ eredità.
Gli effetti dell’accettazione retroagiscono al momento dell’apertura della successione: l’erede si considera come titolare del patrimonio ereditario fin dal momento dell’apertura della successione.
Esempio: se la successione è aperta nel 2015 e l’accettazione è arrivata solo nel 2020, la persona che ha accettato si considererà erede dal 2015 e non dal 2020.
Può darsi che il chiamato si decida ad accettare subito l’eredità, ma può anche darsi che si prenda del tempo per riflettere se gli convenga o meno accettare. Nel lasso di tempo tra la morte del de cuius e l’accettazione del chiamato il patrimonio ereditario rimane senza un titolare attuale dei rapporti attivi e passivi che di esso fanno parte.
Per assicurare la gestione del patrimonio ereditario durante quella fase, che può durare anche 10 anni (termine di prescrizione del diritto di accettare), la legge prevede una specifica figura che prende il nome di eredità giacente, che ricorre quando concorrano tutte le seguenti condizioni:
- Non sia ancora avvenuta l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato;
- Il chiamato non si trovi nel possesso dei beni ereditari;
- Sia stato nominato, su istanza di qualsiasi interessato, un curatore dell’eredità giacente. Si ha la nomina di un curatore quando esiste una concreta esigenza di provvedere ad atti di gestione del patrimonio ereditario che non possono essere rinviati.
Per capire come funziona l’eredità giacente si deve in primo luogo sapere che il curatore non è un rappresentante del chiamato all’eredità o del futuro erede e neppure della stessa eredità: il curatore dell’eredità ha la funzione di amministrare il patrimonio ereditario con lo scopo di conservarlo al meglio.
Pertanto, il curatore di eredità giacente è tenuto a fare l’inventario dell’eredità, può stare in giudizio per conto dell’eredità (sia attivamente che passivamente), può provvedere al pagamento di debiti e legati previa autorizzazione del tribunale. Le sue funzioni cessano nel momento in cui il chiamato accetta l’eredità.
Capacità di succedere
Presupposto per poter diventare titolare di un’eredità è la capacità di succedere. La capacità di succedere, ossia l’idoneità giuridica ad acquistare diritti derivanti dalla successione, spetta a qualunque persona che, al momento dell’apertura della successione, sia già nata e sia ancora in vita.
La legge concede la capacità di succedere anche a coloro che al momento dell’apertura della successione erano soltanto concepiti (quindi non erano nati). Naturalmente, la chiamata in questo caso è subordinata alla nascita.
Relativamente alla successione testamentaria, la legge prevede un’ulteriore peculiarità: possono essere chiamati alla successione anche i figli non ancora concepiti di una determinata persona vivente al momento dell’apertura della successione.
Se alla successione è chiamato un concepito, vi sarà per forza di cose un periodo di incertezza fino a quando non avverrà la nascita. Di conseguenza, la legge prevede che in tale periodo l’amministrazione dei beni destinati al nascituro sia affidata al padre ed alla madre. Se invece, l’eredità è destinata a nascituri non ancora concepiti (figli di una determinata persona vivente) vi sarà ovviamente un periodo di incertezza ancora più lungo rispetto alla prima ipotesi perché non si è dato sapersi se e quando il concepimento avverrà. Proprio per tali ragioni, la legge dispone che in tali ipotesi l’amministrazione dell’eredità sia affidata a coloro cui l’eredità, o la quota di eredità, sarebbe devoluta qualora i nascituri chiamati alla successione non dovessero venire ad esistenza.
Capaci a succedere possono essere, oltre alle persone fisiche, anche le persone giuridiche (enti religiosi, società, fondazioni). Come noto, non è affatto raro che un testamento contenga disposizioni in favore di persone giuridiche spesso contenti attribuzioni di carattere patrimoniale.
Indegnità a succedere: cosa significa
Quando si parla di eredità, occorre avere ben chiara la distinzione tra incapacità a succedere e indegnità. La prima consiste nell’inidoneità del soggetto a subentrare nei rapporti che facevano capo al defunto; l’indegnità, invece, si basa sull’incompatibilità morale del successibile: la legge ritiene che sia contrario alla morale collettiva che chi si è reso colpevole di atti gravemente pregiudizievoli verso il de cuius possa succedergli.
Gli effetti di questa differenza sono notevoli. L’incapacità implica la mancanza di un soggetto idoneo all’acquisto dell’eredità e, dunque, la radicale assenza di un qualsiasi effetto di acquisto dell’eredità. Invece, l’indegno è capace di succedere ma è escluso dalla successione in seguito alla sentenza che dichiara l’indegnità. Altra differenza fondamentale sta nel fatto che l’incapacità a succedere non ammette rimedi mentre l’indegnità può essere rimossa con la riabilitazione dell’indegno.
Le cause di indegnità sono solo quelle previste dalla legge e sono:
- Aver compiuto atti contro la persona fisica del cuius, del coniuge o del discendente o ascendente di lui (omicidio, tentato omicidio).
- Aver compiuto atti contro la personalità morale del cuius, del coniuge o del discendente o ascendente di lui (calunnia, falsa testimonianza).
- Aver compiuti atti diretti, con violenza o dolo, a limitare la libertà di testare del de cuius, quali l’aver indotto il testatore a redigere un testamento, ovvero a revocarlo o a mutarne le disposizioni; l’aver distrutto, occultato o alterato il testamento del de cuius; l’aver formato o consapevolmente utilizzato un testamento falso.
- L’essere stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale. In pratica è escluso dalla successione del figlio il genitore che, a causa di alcuni suoi gravi comportamenti, sia decaduto dalla responsabilità genitoriale a seguito di provvedimento del giudice.
Quanto agli effetti, va detto che la sentenza che pronuncia l’indegnità ha effetto retroattivo: l’indegno è considerato come se non fosse stato mai erede ed è perciò tenuto a restituire tutto quello che gli è pervenuto dopo l’apertura della successione.
Diversa dall’indegnità è la cosiddetta diseredazione, ossia la disposizione testamentaria con cui il de cuius dichiari di non volere che alla sua successione partecipi un determinato soggetto, che, an base alle norme sulla successione legittima, avrebbe diritto a parteciparvi.
Accettazione dell’eredità
Come già detto, l’eredità si acquista solo con l’accettazione da parte del chiamato. Quest’ultimo, infatti, potrebbe avere interessi morali o economici a non diventare erede di una persona.
Per quanto riguarda gli effetti, si distinguono due tipi di accettazione: pura e semplice o con beneficio di inventario. Con la prima si ha che il patrimonio del defunto e quello dell’erede si uniscono e diventano un patrimonio solo. L’erede succede così nell’attivo e nel passivo e sarà tenuto al pagamento dei debiti del cuius, anche se l’ammontare complessivo di questi risulti superiore all’attivo ereditario. Se, invece, il chiamato all’eredità accetta con beneficio, non si produce l’unione dei patrimoni e l’erede dovrà rispondere dei debiti nei limiti di quanto ricevuto (l’ammontare dei debiti non potrà superare il valore dell’attivo).
Quanto alle modalità di accettazione, si distingue tra accettazione espressa e accettazione tacita.
L’accettazione espressa consiste nella manifestazione esplicita della volontà di acquistare l’eredità.
Il contenuto e la forma sono diversi, però, a seconda che si tratti di “accettazione pura e semplice” o “accettazione eredità con beneficio di inventario”. In quest’ultimo caso l’accettazione deve essere fatta a mezzo di dichiarazione ricevuta da notaio o dal cancelliere del tribunale in cui si è aperta la successione. Invece, l’accettazione pura e semplice può essere fatta in un atto pubblico o con scrittura privata dichiarando di accettare l’eredità.
L’accettazione, invece, è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.
Un’ipotesi di accettazione tacita potrebbe essere, ad esempio, la riscossione di canoni di locazione di un bene ereditario. In questo caso è chiaro che il chiamato non avrebbe diritto di riscuotere i canoni senza aver accettato l’eredità in quanto non ancora erede. Un suo comportamento in tal senso implica quindi un’accettazione tacita dell’eredità.
Va detto che in alcuni casi l’atto di accettazione deve essere trascritto in appositi registri. Ciò è espressamente previsto dalla legge nell’ipotesi in cui l’accettazione determini il trasferimento di diritti su beni immobili. In caso di accettazione tacita la trascrizione avviene sulla base dell’atto implicante appunto accettazione tacita.
Va poi tenuto presente che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni. Decorso tale termine non sarà più possibile accettare l’eredità.
Quanto ai costi, rispondiamo a chi continua a chiederci “accettazione eredità costi” che questi variano in relazione al notaio che si sceglie. Se invece si preferisce effettuare l’accettazione con beneficio di inventario a mezzo cancelliere del tribunale il costo è di € 294,00, più marche da bollo varie.
Rinuncia all’eredità
L’eredità può sempre essere rinunciata. In tal caso occorre una dichiarazione con la quale il chiamato all’eredità manifesti la propria decisione di non acquistare l’eredità.
La rinuncia richiede una forma particolare: la dichiarazione deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (si parla in questo caso di rinuncia eredità tribunale). Per la rinuncia non è quindi ammessa la forma tacita.
Per la rinuncia eredità minorenni o interdetti, è necessario richiedere l’autorizzazione con ricorso al giudice tutelare competente in via preliminare.
Inoltre, va detto che non sempre è possibile effettuare la rinuncia all’eredità. Per la rinuncia eredità termine è di tre mesi dal giorno dell’apertura della successione per chi, a qualsiasi titolo, si trovi nel possesso dei beni ereditari. Inoltre, chi abbia sottratto beni o nascosto beni ereditari decade dalla facoltà di rinunciare. Costoro saranno considerati eredi puri e semplici. Se non si è nel possesso dei beni, il termine per rinunciare è di 10 anni.
Quanto agli effetti, anche la rinuncia ha effetti retroattivi: chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Va specificato che la rinuncia è comunque sempre revocabile fino a quando l’eredità non sia stata accettata dai chiamati ulteriori (ovvero quelli che subentrano nel diritto di accettare in conseguenza della rinuncia). Ovviamente, la rinuncia non è revocabile se è trascorso il termine di prescrizione di 10 anni per l’accettazione.
In merito ai costi (è molto ricercata sul web la query “rinuncia eredità costi”), la rinuncia effettuata in tribunale costa 200 euro (a cui vanno aggiunti 16 euro per la marca da bollo da consegnare il giorno dell’atto). Se invece ci si rivolge ad un notaio, i costi varieranno in relazione al professionista scelto.
La comunione ereditaria
Se l’eredità è acquistata, come spesso accade, da più persone, si forma sui beni ereditari tra i coeredi medesimi una comunione, che investe tutti i beni.
Alla comunione ereditaria si applicano le regole stabilite in generale per la comunione ordinaria, ovvero l’ipotesi in cui più persone sono comproprietarie dello stesso bene.
Tuttavia, mentre nella comunione ordinaria ciascun partecipante può liberamente alienare la propria quota, in quella ereditaria ciò non è possibile. E’ esplicitamente previsto dalla legge che i coeredi hanno diritto ad essere preferiti agli estranei qualora uno di essi intenda alienare le sue quote ereditarie o parte di esse: ad essi spetta in tal caso un diritto di prelazione. Di conseguenza, il coerede che voglia alienare la sua quota o parte di essa è tenuto a notificare la proposta di alienazione agli altri coeredi, indicandone il prezzo. Entro due mesi dall’avvenuta notifica gli altri coeredi possono decidere di acquistare al prezzo indicato o meno.
Ci si potrebbe chiedere che cosa può accadere se viene omessa la notificazione al coerede. Ebbene, in tal caso gli altri coeredi possono ottenere essi la quota versando il prezzo pagato dall’acquirente: in sostanza, la legge concede ai coeredi il diritto di procedere all’esecuzione forzata in forma specifica del diritto di prelazione violato (si tratta del cosiddetto “retratto successorio”).
La divisione dell’eredità
La comunione cessa con la divisione dell’eredità. Con la divisione, ciascuno dei soggetti che partecipavano alla comunione medesima ottiene la titolarità esclusiva su una parte determinata di del bene o dei beni che erano comuni, corrispondente per valore alla quota spettante nello stato di indivisione.
La regola generale per la comunione ereditaria è che ogni coerede può chiedere la divisione ereditaria quote. A questo principio possono derogare le parti, pattuendo di rimanere in comunione per un periodo comunque non superiore a 10 anni, o il testatore, disponendo, se tutti o alcuni tra quelli nominati eredi siano minorenni, che l’eredità resti indivisa fino ad un anno dopo il compimento della maggiore età o, se non vi sono minori, per cinque anni.
Quanto agli effetti, anche la divisione ha effetto retroattivo. Ciò significa che, se della comunione ereditaria fanno parte una villa ed un terreno e la villa viene assegnata nella divisione al coerede Mevio ed il terreno all’altro coerede Caio, Mevio si considera come se fosse stato proprietario esclusivo della villa e Caio del terreno fin dal momento in cui è sorta la comunione.
In relazione a come dividere l’eredità, va detto che tale operazione può essere fatta già dal testatore nel proprio atto di ultime volontà, ovvero può essere fatta d’accordo tra i coeredi (divisione amichevole o contrattuale) o, se le parti non sono d’accordo, per opera del giudice (divisione ereditaria giudiziale).
Conclusioni
Come si è visto, doversi confrontare con la trasmissione di un’eredità richiede la conscenza di molteplici tecnicismi e leggi e può essere molto difficoltoso. Le complessità possono insorgere in ogni momento (si pensi ad un errore nel calcolo quote ereditarie o all’ipotesi di divisione ereditaria immobile occupato da erede) ed è fondamentale non commettere errori che possono costare tempo e (tanto) denaro.
Il nostro Studio riceve quotidianamente richieste di consulenza inerenti a complesse questioni ereditarie e siamo regolarmente impegnati in processi in materia patrocinando in tutta Italia.